CULTURA ED AMBIENTE
Natura e industria nella Venezia del XVIII° secolo: il roscano
di Pino Sartori
In barena prosperano delle piante con robuste foglie a cuspide, classificate scientificamente come appartenenti al genere Salsola, comprendenti le specie assai simili Salsola soda e Sasola kali, più note ai Veneziani come roscani (fig. 1). In Romagna e in maremma li chiamano anche “agretti” o “barbe di frate” e vengono coltivati per essere consumati in gustose insalate.
Le autorità, sempre attente a tutto ciò che poteva creare danno alla Serenissima – emisero in varie occasioni proclami a difesa dell’ambiente lagunare, giungendo a «vietar di calcar coi piedi li paludi e velme», per prevenire erosioni e interramenti – erano però anche pronte a sfruttare tutte le potenzialità della stessa laguna.
Nel caso specifico della salsola esse dedicarono la loro attenzione alla salvaguardia di questa pianta per motivi strettamente commerciali. Infatti, nella seconda metà del Settecento si era scoperto che dalle ceneri della salsola si poteva ricavare soda (Natrium) di buona qualità, elemento fondamentale per la produzione del vetro a Murano, allora in declino per la concorrenza di altri paesi europei.
La Magistratura dei Signori Censori ed Aggiunti sopra l’Arte Vetraria, l’1 aprile 1780, pubblicava una «Istruzione dei modi da praticarsi per coltivare il Kali maggiore, o sia Salsola-Soda […]» (fig. 2).
Si deve a Pietro Arduino (1728-1805), docente di Agricoltura all’Università di Padova, l’aver intuito la possibilità di ottenere dalla salsola cenere di qualità superiore a un prodotto analogo, economico ma di cattiva qualità, che a Venezia si otteneva dai laterizi.