Oggi cuneo salino, domani desertificazione, poi il mare…

Fiumi e falde prosciugati in pianura e sul litorale veneto che sprofonda. Turismo, urbanizzazioni, infrastrutture e nuove gallerie dove un tempo c’era la palude, adesso l’acqua dolce manca (mentre in Veneto è stata scoperta  dalla Magistratura un’altra “palude”….)

di Roberto Scarpa*

 

[foto 1]  Il primo tratto del corso della Livenza immediatamente successivo alla  fonte  detta del  Gorgazzo ritratto nel luglio 2022.  La siccità pronunciata ha messo in crisi perfino il sistema carsico del Cansiglio che alimenta il Gorgazzo.

Contaminazione salina e subsidenza.

La presenza salina nelle falde del sottosuolo della “pianura costiera veneziana” è stata rilevata sin dagli anni ’60 del secolo scorso, durante gli studi sulla subsidenza (riduzione quota del suolo sul medio mare) di Venezia che la stava minacciando di rapido sprofondamento (-14 mm/anno misura massima) a causa delle estrazioni idriche dal sottosuolo della zona industriale di P.to Marghera (subsidenza max. -17 mm/anno). Con il blocco degli emungimenti, dettato dalla Legge Speciale per Venezia del 1970, si consegue un rallentamento della subsidenza poi stabilizzatasi per un lungo periodo tra circa -1,5 mm/anno sotto il centro storico di Venezia fino al doppio in alcune aree lagunari.

[foto 2] Il Gorgazzo, sorgente della Livenza, nell’estate del 2022 ormai prosciugato

Sono successivi, dalla fine del secolo scorso, gli studi sulla presenza salina nel territorio della bonifica coordinati dal CNR-Venezia e pubblicati dalla Provincia di Venezia nel 2003 (vedi appendice n.1): in cui era accertata la sua correlazione con la carenza di acqua dolce nelle falde acquifere che lasciava spazio all’infiltrazione dell’acqua marina e lagunare (“dalla linea di costa o dalla conterminazione lagunare”), che risaliva nei fiumi e canali di bonifica.

In questi studi si legge: “quando il naturale deflusso di acqua dolce verso il mare viene ridimensionato o interrotto perché captato si verifica l’intrusione salina. … può innescare, con la salinizzazione dei sedimenti, un collasso delle argille superficiali per la variazione del chimismo delle loro acque interstiziali e quindi una ulteriore subsidenza”, e in prospettiva la desertificazione e alterazione dei parametri geotecnici (portanza terreno/stabilità edifici).

Era inoltre precisato che diversamente  dalla “infiltrazione salina” o “cuneo salino”, indicativi del processo di ingressione dell’acqua marina negli acquiferi, la “contaminazione salina” si riferisce al processo geochimico, che determina una forma di inquinamento “difficile da contenere e invertire”.

La subsidenza in atto veniva segnalata in “tutto il comprensorio lagunare e le zone limitrofe … soprattutto nelle aree interessate da passate estese bonifiche … appurato un aggravamento dei tassi di abbassamento lungo il cordone litorale di Cavallino-Jesolo …  nuovi sfruttamenti di acque sotterranee (dagli inizi del ‘90 vennero autorizzati i permessi per l’apertura dei pozzi artesiani)”; la misura, a Jesolo superiore a 4 mm/anno, conseguiva l’aumento dei processi erosivi costieri.

Sono seguiti ulteriori studi e monitoraggi per costituire la “base di partenza informativa e strumentale per un più corretto e razionale uso del territorio” (vedi n.2) che confermavano sia l’estensione di tali dinamiche fino al fiume Tagliamento, come  la subsidenza amplificata (fino a 10 mm/anno a Jesolo) nelle aree di nuova edificazione; fu anche rilevata la presenza di acqua nel sottosuolo, in corrispondenza di aree dunali in aggiunta al pericolo di paleoalvei e paleocanali vettori preferenziali dell’intrusione salina. La considerazione degli autori  era che maggiori quantità di l’acqua dolce nel suolo, sottosuolo e canali della bonifica e nei fiumi poteva fungeva da contrasto alla progressione salina già a quote vicine o soggiacenti il livello del mare.

Era quindi l’originaria palude, territorio di acqua dolce al livello del mare, che la bonifica della zona litoranea ha irrimediabilmente eliminato, che fungeva da barriera alla propagazione salina. Occupava la parte terminale e depressa della pianura alluvionale, generata dal trasporto solido dei fiumi alpini fino al mare e concludeva con l’arenile e le dune. L’abbondanza di acqua dolce, anche nelle falde del sottosuolo, integrava questa barriera contro l’intrusione salina.

Ma la bonifica idraulica, avvenuta tra la fine ‘800 e gli anni ’60 del secolo scorso, ha eliminato l’acqua dalla superficie del suolo, e fortemente ridotto con i pozzi per usi agricoli e domestici anche quella presente nel sottosuolo e nei fiumi il flusso è divenuto scarso per le derivazioni idriche e fatica ad arrivare al mare. Oggi inoltre si registrano ulteriori condizioni penalizzanti per la fascia litoranea avviata al sempre più accelerato sprofondamento: si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici, che comportano ridotte precipitazioni nell’arco dell’anno, crescita del livello medio mare (eustatismo), e l’impermeabilizzazione del suolo, che impedisce l’infiltrazione idrica nella falda e il ripascimento delle riserve.

Le misurazioni attuali dello sprofondamento del suolo raggiungono valori analoghi a quelli che hanno motivato la chiusura delle estrazioni idriche a P.to Marghera, dopo l’alluvione del 1966, ma la perdurante latitanza degli Enti preposti al governo e tutela del territorio, per i quali prevalgono finalità economiche (immobiliari e turistiche) fondate su maggiore consumo idrico e di territorio, impedisce di varare politiche di contrasto del fenomeno.

Il rischio costiero progredisce

Dagli studi sul riscaldamento climatico dell’IPCC derivano le previsioni della crescita del livello marino e conseguente rischio di inondazione costiera. Su tali argomenti l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) è intervenuto con l’articolo dedicato all’innalzamento del livello del mare nelle coste del Mediterraneo pubblicato nella rivista scientifica “Environmental Research Letters” del dicembre 2023 (vedi n.3). Relativamente all’alto Adriatico si dice: “zone costiere basse come delta fluviali, lagune, aree di bonifica… subsidenza del suolo, erosione costiera e pressione antropica che accelerano il processo di inondazione … e ritiro e salinizzazione della falda freatica, … significativo fattore di pericolosità per le coste, popolazioni e infrastrutture”.

La subsidenza pertanto accelera la dinamica delle previsioni dall’IPCC. Nella pubblicazione si sottolinea inoltre la necessità di migliorare la divulgazione scientifica e contrastare la perdurante disinformazione della popolazione sull’aumento del livello del mare e “della subsidenza del suolo e del relativo rischio costiero che hanno un impatto sull’ambiente, sulle infrastrutture costiere e sulle attività umane”. Sono indicati valori della subsidenza (media pluridecennale) di oltre – 6 mm/anno per il  Polesine, e di – 4 /-6 mm/anno sul litorale veneziano e intorno lagunare, – 2 /-3 mm/anno nell’area lagunare.      La misura del Polesine è indicativa della gravità del problema indipendentemente da nuove estrazioni di idrocarburi; sulla fascia litoranea e perilagunare veneziana la  tendenza è l’aggravamento rispetto agli studi di inizio secolo.

Il valore medio complessivo (subsidenza più eustatismo) degli ultimi decenni del litorale veneziano raggiunge circa – 10 mm/anno; i dati ISPRA per l’eustatismo degli ultimi 15 anni indicano + 7 mm/anno, in accelerazione; studi del CNR (vedi n.4) nelle aree di nuova edificazione (Jesolo) indicano fino a -10 mm/anno per la sola subsidenza.

Permane però il silenzio di Regione Veneto e Comuni su tali dati e sulla prospettiva conseguente per territorio e persone, sebbene siano responsabili del governo del territorio da oltre 40 anni. Negli ultimi 20 anni la quota del suolo, inizialmente già estesamente sotto il livello del mare, ha perso circa 20 cm rispetto al medio mare e la perdita ulteriore di 30 cm è prospettabile al 2050, al netto del contributo aggiuntivo del processo di urbanizzazione previsto e dell’accelerazione del riscaldamento climatico, oltre che dell’infiltrazione salina, della progressione dell’erosione dell’arenile in atto e della risalita salina fluviale.

Tale prospettiva che riguarda il litorale/penisola Cavallino-Jesolo è sempre meno rassicurante per la difesa della laguna e di  Venezia dal mare per  la progressione della subsidenza.

Governo del territorio?  Sostenibilità?

La prefazione del citato documento della Provincia di Venezia riporta: “Questo studio ha consentito di ottenere informazioni indispensabili per governare i vari processi che possono provocare conseguenze indesiderate sulla qualità della vita, sull’ambiente, sull’economia, abbassamento del suolo amplificato e velocizzato da colpevoli (in quanto oggi ampiamente note) iniziative dell’uomo”. Da tali premesse conseguiva per le Amministrazioni comunali e Regione (le competenze sono state trasferite dallo Stato dal 1980) l’obbligo di provvedere. Tuttora  è vigente la Legge regionale n.11/2004 -“Per Il Governo del Territorio”, dove all’art. 1 è precisato: “regole per l’uso dei suoli secondo criteri di prevenzione e riduzione o di eliminazione dei rischi, di efficienza ambientale e di riqualificazione territoriale”.

A tali presupposti, basilari per l’operato degli Enti nell’ottica della pubblica utilità, erano e sono subordinate le trasformazioni insediative e infrastrutturali del territorio con l’aggiuntiva indicazione all’art. 4: “promuovere uno sviluppo sostenibile e durevole ed assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente … provvedono alla valutazione ambientale strategica (VAS) … ai sensi della direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001”.

Criteri che relativamente agli indicati “processi di abbassamento del suolo amplificato e velocizzato da colpevoli iniziative dell’uomo” risultano però in buona misura omessi nei piani comunali e nelle innumerevoli varianti (spesso per iniziative pubblico-private a scopo turistico-ricettivo), grazie a procedure amministrative formalmente regolari sebbene conseguenti a pareri tecnici che trascurano l’applicazione di detti criteri. 

Analogamente per l’applicazione degli strumenti di valutazione ambientale VAS, VINCA e VIA, nella quasi totalità con esito favorevole grazie alla carenza  delle necessarie valutazioni (acqua, suolo, biodiversità), oppure con esito favorevole condizionato da decine di prescrizioni per il rinvio post-approvazione di parti essenziali della valutazione poi lasciate cadere nell’oblio.

Parti essenziali quali gli effetti del consumo idrico e di suolo, l’interferenza della struttura  idrogeologica, date le criticità in atto, sono indispensabili in via preventiva perché condizionanti i presupposti del piano o del progetto pertanto non sono valutabili, per tali carenze,  le soluzioni tecniche approvate con costi incerti ed effetti ambientali inesplorati.

Grazie a tali premesse restano inesplorati gli effetti del processo di urbanizzazione e infrastrutturazione del litorale, del consumo di acqua e di suolo conseguenti, rispetto alla necessità di presenza idrica maggiore sulla fascia litoranea e alle criticità in atto sulla medesima. La sostenibilità preannunciata dalla Legge regionale n.11/2013 con titolo “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto”, dove si legge “… riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico ed occupazionale del Veneto … sviluppo economico sostenibile…”, resta un annuncio nel titolo, pura formalità burocratica per una priorità definita strategica, perseguita in ogni  dove, che lascia per strada la sostenibilità, le altre norme vigenti e pure l’attendibilità più strettamente economica dei progetti (l’autostrada Pedemontana Veneta è l’esempio emblematico).

Sulle criticità in atto sul territorio costiero relative alla “contaminazione salina“, in occasione della “Giornata Mondiale della Terra 2021”, il Presidente di Associazione Nazionale Bonifiche (ANBI) Veneto è intervenuto sollecitando l’attenzione: “L’aumento della presenza di sale nel terreno è uno dei principali valori di degrado del suolo. …sta aumentando nelle zone costiere del Veneto con rischio per la fertilità delle campagne ma anche per le falde acquifere sottostanti.contaminazione da sale … dipende … dall’attività dell’uomo: l’aumento dei prelievi di acqua dolce per uso potabile e produttivo lascia infatti spazio nelle falde alle infiltrazioni di acqua marinail Veneto è la regione con il maggior consumo del suolo dopo la Lombardia … il problema della salinizzazione va affrontato con la massima attenzione”. Una sollecitazione rimasta priva di seguito.

Ed inoltre con la Legge regionale n. 14/2017  è rinviato al 2050 l’azzeramento del consumo di suolo senza tener conto delle rilevanti criticità in atto sul territorio costiero. La problematica salina è considerata dall’Amministrazione regionale come danno per l’agricoltura causato dalla risalita salina, cioè un semplice impedimento all’irrigazione, mentre la presenza salina nel suolo  è ritenuta rimediabile con progetti di sbarramento/dighe in prossimità (4-5 Km.) delle foci dei fiumi Brenta e Adige;  inoltre  in montagna – sempre per la Regione Veneto -basta  trattenere 30 milioni di metri cubi d’acqua con una diga su un affluente del Brenta (torrente Vanoi in Trentino appena oltre il confine con il Veneto) da destinare all’irrigazione dell’alta pianura, dove già scarseggia il deflusso a valle. Le tre dighe costano circa 250 milioni, richiesti al Governo per per ovviare alla dichiarata emergenza siccità del 2022.

Il consumo idrico e di suolo nel frattempo aumentano nella fascia litoranea indipendentemente dai criteri tuttora basilari per il governo del territorio: cioè prevenzione e riduzione o eliminazione dei rischi, efficienza ambientale e riqualificazione territoriale. Che siano carenze di ordine tecnico-professionale alla base delle omissioni istruttorie o piuttosto prevalenza di interessi extra-istituzionali condizionanti le funzioni di garanzia assegnate ai pubblici uffici?
Nemmeno aiuta a ricondurre l’attenzione sulle criticità della zona litoranea l’operato  dell’Autorità di Bacino Alto Adriatico, che deve esprimersi con i pareri dovuti relativamente alla qualità dei corpi idrici e al rischio alluvioni in applicazione delle direttive della Commissione Europea.

Emergenza siccità, bacino idrografico e bacino elettorale

Nel 2022, l’allarme siccità fu proclamato nel mese di luglio dal Presidente della Regione Veneto per “deficit idrico generalizzato” dei fiumi regionali, dopo un preallarme già a maggio, per una situazione analoga nell’intera pianura padana. La motivazione esplicita fu la “tutela della risorsa idrica per le finalità idropotabili ed irrigue, nonché per garantire la salute pubblica” (ai sensi D.lgs. n. 152/2006), per la rilevante carenza idrica nei fiumi in fase di ulteriore peggioramento e la risalita del cuneo salino … nella rete idraulica superficiale … perdurante assenza di precipitazioni e della correlata persistente condizione di elevata conflittualità degli usi”.

Le misure adottate per contrastare la siccità furono il contenimento delle “utenze irrigue … di acque superficiali e sotterranee  e più regole per la gestione degli invasi idroelettrici (dighe). Causa dell’emergenza era quindi indicata “la perdurante assenza di precipitazioni” che quindi valeva anche per l’indicata risalita del cuneo salino, dove si intendeva la risalita dell’acqua di mare nel fiume e non la contaminazione  salina rinvenibile nelle falde idriche. Nelle motivazioni non figurava nessuna considerazione della ricorrenza di situazioni analoghe nella pluridecennale carenza idrica nei fiumi della  quale si poteva leggere, già nel 2009, ad esempio sul quotidiano “La Stampa” relativamente al Piave: “121 centrali elettriche che gli prosciugano gli affluenti, … 98 m3/sec (= 98 mila litri/sec.) nei mesi secchi … per irrigare i campi”, pure le decine di prelievi idrici per l’innevamento artificiale, poi 17 invasi e 200 km di tubature (per trasferire altrove l’acqua).

La  carenza del deflusso idrico fluviale è stata trattata in modo circostanziato dal prof. Luigi D’Alpaos in occasione di interventi pubblici e pubblicazioni anche recenti, in particolare relativamente al Piave, (noto come “fiume Sacro alla Patria”), per la sconsiderata gestione della risorsa idrica del bacino idrografico: il deflusso idrico è ridotto ai minimi termini già nella parte montana, dove gli affluenti sono utilizzati per alimentare laghi artificiali (dighe), poi alla fine del tratto alpino-prealpino è sottratta la quasi totalità del deflusso in arrivo per il prelievo dei Consorzi irrigui (come fosse ancora disponibile il lago del Vajont, oltre 150 milioni di metri cubi, nonostante il disastro del 1963) e per la diversione di una grande quantità delle sue acque sul bacino della Livenza; resta minimale la quantità idrica residua di deflusso, insufficiente per la ricarica della falda idrica depauperata dai prelievi nel sottosuolo per i più svariati usi (anche gli acquedotti che portano l’acqua sul litorale).

Di conseguenza si accredita come normalità la carenza idrica dei fiumi del Veneto, un tempo definita come regione delle acque – che nell’evento del 2022 ha raggiunto il nuovo picco di decine di chilometri della risalita salina su Piave, Brenta, Adige, e 40 km sul Po.  A proposito del fiume Po nell’ordinanza si legge: “contrastare la risalita del cuneo salino nelle acque superficiali e sotterranee, riducendo allo stesso tempo i rischi di potenziali impatti negativi sullo stato ambientale”; è singolare che gli impatti negativi riferiti al solo fiume Po siano solo potenziali negando implicitamente le criticità di contaminazione salina e subsidenza in atto da decenni nella zona litoranea.

L’emergenza fu anche occasione per l’ulteriore rinvio dell’obbligo di recepimento della norma  europea sul “deflusso ecologico” previsto dalla Direttiva 2000/60 CE, cioè stabilire la quantità  d’acqua necessaria per le funzionalità dell’ecosistema fluviale e dei servizi collettivi da quest’ultimo resi fra cui la fitodepurazione. Infatti la riduzione dei consumi disposta dall’ordinanza era solo temporanea, restando quindi la penuria del deflusso fluviale l’ordinaria normalità con le associate criticità ambientali note da tempo nella zona litoranea. E coerenti con l’ordinaria inerzia per le criticità in atto erano le dichiarazioni dell’Assessore regionale all’Ambiente – Clima – Protezione civile – Dissesto idrogeologico” di contrarietà all’applicazione del deflusso ecologico, comparse negli gli organi di informazione nel 2021. La contrarietà politica all’applicazione era motivata dal ridotto riempimento dei laghi nel caso di rilascio idrico, con danno per l’economia montana, (turismo, agricoltura,  la perdita della produzione elettrica …..).

Ne consegue che quella regionale  resta una sconsiderata gestione  dei prelievi idrici: fiumi e sistema idrogeologico trasformati solo in funzione del prelievo sia idrico che di materiale litoide (è recente la maggiorazione del 25% alle concessioni in atto), mentre la zona costiera resta a secco (anche di trasporto solido di sabbie indispensabile per il ripascimento naturale dei lidi costieri).

La deviazione dell’acqua dalla Piave  (… e dagli altri fiumi)  e la conseguente mancanza del trasporto solido già limitato dai sbarramenti fluviali, crea un grandissimo problema sui lidi del veneziano. Gli amministratori (tutti quelli del litorale veneziano) sono impegnati a guardare l’economia turistica del quotidiano odierno è non si accorgono che se non si inverte la politica territoriale sull’idrologia fluviale dopodomani si troveranno senza spiagge e allora “apriti cielo”, o meglio mare! Infatti se non si consente ai sedimenti fini fluviali di ripascere i lidi, le correnti marine che provengono da est si mangeranno tutto anche gli alberghi costruiti sulle spiagge! Lo diceva già il prof. Marcello Zunica nel 1980!

Fattore climatico e fattore amministrativo

Nella zona litoranea la temperatura media degli ultimi 30 anni (da sito ARPAV) è aumentata di circa 1,8 °C mentre nel medesimo periodo le precipitazioni medie sono ridotte di quasi il 30%; nello stesso periodo, causa riscaldamento climatico globale, il livello del mare è cresciuto di 4,4 mm/anno (dati ISPRA), dato medio che però  registra circa +7 mm/anno dal 2009, quindi in forte accelerazione.

Fa più caldo e piove meno, ma anche l’acqua che arriva dalle Alpi è poca o nulla. La riduzione delle precipitazioni è inferiore ma significativa:  infatti la quantità  di neve è ridotta (dimezzata dal 1980) e la sua fusione risulta anticipata; inoltre con la scomparsa dei ghiacciai che alimentavano il bacino idrografico della Piave (una decina presenti  circa 40 anni fa)   il deflusso fluviale tardo-primaverile-estivo (da fusione) oramai  è quasi nullo.

Il deflusso residuo è quasi completamente sottratto dai prelievi idrici agricoli (quasi  la metà dei complessivi) e quindi poco o nulla perviene alla foce e sul litorale.

E sul litorale, oltre all’agricoltura, nei mesi estivi grava anche la massima presenza turistica che  comporta il conseguente  fabbisogno idrico.

Insorgono ulteriori interrogativi considerando che sulla quantità  del fabbisogno idrico per il settore turistico litoraneo non sia mai stata svolta alcuna valutazione degli effetti sulle fonti di prelievo (fiumi e/o falde idriche) da Comuni e Regione e tantomeno sia stata  considerata dai professionisti incaricati di redigere i documenti per la valutazione ambientale.

Non sono note neppure valutazioni degli effetti del consumo idrico complessivo sulla falda acquifera litoranea, depauperata da emungimenti tuttora attivi e dalla scarsa ricarica sia per le ridotte precipitazioni, che per l’impermeabilizzazione del suolo  tuttora in incremento (che favorisce invece gli allagamenti); per tali motivi la falda acquifera litoranea è particolarmente esposta all’infiltrazione salina, anche per l’erosione sempre più profonda del litorale.

Non si dimentichi che lunghi tratti continui di urbanizzazione (anche di 10 Km) e infrastrutture si trovano sulla fascia litoranea,  interrotti da lagune e fiumi prevalentemente salmastri che a loro volta generano infiltrazione salina nei territori che attraversano.

A Jesolo il Sindaco ha affermato che la sua è città turistica che raggiunge d’estate 500 mila presenze, cioè già il doppio degli abitanti  (inclusi gli addetti alle varie funzioni di servizio) della maggiore città veneta; in continuità, sul litorale, ci sono però anche Cavallino-Treporti, Eraclea, Caorle e più lontana Bibione che complessivamente di presenze ne contano per lo meno altrettante per un consumo idrico stimabile in almeno 200 milioni di litri/giorno.

E se guardiamo in prospettiva, altre decine di migliaia di presenze turistiche sono previste nei nuovi insediamenti per conseguenti consumi idrici e di suolo aggiuntivi e pure nuove attrezzature di servizio: il cosiddetto “divertimentificio” (leggi acqua splash) e infrastrutture che sono state valutate (ad. es. Valle Ossi) secondo la collaudata consuetudine di pura formalità burocratica con esito precostituito in carenza delle dovute verifiche tecniche sull’evoluzione delle criticità in atto.

Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto.” titola la legge regionale n. 11/2013 che “riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico ed occupazionale del Veneto” per finalità di “promozione dello sviluppo economico sostenibile”; è l’ennesimo emblematico annuncio della sostenibilità da perseguire, come pura formalità,  restando l’obiettivo di sostenibilità ambientale  del tutto disatteso.

Conclusioni

Sono omessi i principi fondamentali delle norme in materia di governo del territorio e di tutela ambientale (valutazioni VAS, VINCA, VIA) negli atti amministrativi che tuttora autorizzano le trasformazioni del territorio evitando la valutazione degli effetti sulle serie criticità in atto.

Purtroppo la prassi amministrativa che ha caratterizzato l’era Galan-Chisso della Regione – emersa solo in parte con la vicenda giudiziaria riguardante le opere del progetto MoSE – si è  consolidata anche dopo il 2000  con esiti precostituiti delle verifiche/pareri tecnici funzionali alla legittimazione di procedimenti puramente formali.

Questo naturalmente predestina le popolazioni interessate  in  contesti critici ambientalmente pericolosi  per la crisi idrica ormai certa ed economicamente svantaggiosi mettendo a rischio settori economici vitali per i litorali dell’est veneziano che avranno notevoli difficoltà a correggere questa sprovveduta politica territoriale che ha preferito rincorrere il profitto  a breve termine, piuttosto che un vero orizzonte temporale di sostenibilità.

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Note per il reperimento in rete di documenti richiamati nel testo:
1)Studio relativo ai fenomeni di intrusione salina e di subsidenza (ISES) sulla bassa provincia veneziana e padovana [Città Metropolitana di Venezia – Politiche Ambientali]

2) Intrusione salina  di Luigi Tosi1 , Eloisa Di Sipio2 , Laura Carbognin1 , †Giovanni Maria Zuppi3 , Antonio Galgaro , Pietro Teatini , Valentina Bassan , Andrea Vitturi (https://www.earth-prints.org/server/api/core/bitstreams/1d3df900-9297-4e3b-8501-ef50f56340ca/content)
3) Sea level rise projections up to 2150 in the northern Mediterranean coasts To cite this article: A Vecchio et al 2024 Environ. Res. Lett. 19 014050. (https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/ad127e/pdf)
4) Tosi_7_maggio_2018_bibliografia.pdf
5 ) Precipitazione annua in Veneto (https://www.arpa.veneto.it/arpavinforma/indicatori-ambientali/indicatori_ambientali/clima-e-rischi-naturali/clima/precipitazione-annua)
6) Mezzo milione di persone in estate: ´Jesolo diventi città balneare e abbia i benefici che meritaª [il Nord Est]

APPENDICE- ALCUNE VALUTAZIONI AMBIENTALI SVOLTE (VAS, VIA, VINCA), SEMPRE FAVOREVOLI.
Il Parere VAS della Regione, n. 61/1.07.2020, riguardante il piano urbanistico (PUA) per Il “Villaggio Turistico Integrato” di Valle Ossi in Comune di Eraclea, esteso circa 251 ettari , richiesto dal Fondo Copernico NAMIRA S.G.R.p.A., è stato favorevole ritenendo sostenibile il Piano in via subordinata all’ottemperanza di 17 prescrizioni tra le quali la verifica della sicurezza idraulica, il monitoraggio delle acque, del cuneo salino, dell’eustatismo e della subsidenza e pure degli effetti cumulativi. Ricadeva in area
agricola dove il PAT comunale nel segnalava la presenza della risalita del cuneo salino, la salinizzazione e  l’accelerato abbassamento del suolo, il conseguente pericolo per la sicurezza idraulica, la stabilità degli edifici esistenti e di futura costruzione, la fertilità del suolo e per la biodiversità; per parte dell’area si poteva leggere pure il divieto di “modificazione dell’assetto del territorio nonché qualsiasi opera edilizia” .
Interessata dal piano è l’area di bonifica, retrostante la Laguna del Mort, divenuta idonea grazie al parere e successiva approvazione comunale ad ospitare il campeggio di circa 94 ettari per 12.800 fino a 14000 presenze giornaliere suddiviso in 3200-3500 piazzole, poi piscine, campi da tennis, campi da calcetto, impianti coperti per attività sportive e polivalenti, strutture commerciali. In precedenza, il Parere n. 113 del 08.08.2018 della Commissione VAS regionale richiedeva l’approfondimento del Rapporto Ambientale (R.A.
documento prodotto dal committente al fine della VAS) relativamente a “subsidenza, e l’intrusione del “cuneo salino” “fonti di approvvigionamento idrico “effetti sinergico-cumulativi “; l’approfondimentoè stato prodotto con contenuto sostanzialmente evasivo di quanto richiesto. Esemplare quanto nel R.A. si legge per
la questione salina: “intrusione del cuneo salino ha negli ultimi anni assunto proporzioni preoccupanti, sia
per frequenza, che per estensione “le forti salinità, registrate per molti giorni consecutivi, a distanze anche
di 25 – 30 km per certi fiumi… La causa principale del fenomeno,è l’abbassamento delle portate dei fiumi Ö”;
l’argomentoè concluso dal rinvio agli studi del 2003 (di L. Tosi e L. Carbognin) e da: “Nel territorio in oggetto
non sono stati condotti specifici studi atti a definire l’esatto andamento del cuneo salino nelle acque di falda;
per l’approvvigionamento idrico il rinvioè alla fornitura di Veritas S.p.A., che già nel periodo estivo fornisce il
litorale con prese sui fiumi Sile e Livenza”. Palese quindi l’evasione del dovuto approfondimento, non risolto
dall’indicazione dell’apporto di pozzi/emungimenti della falda nei comuni di Maserada sul Piave e Ormelle,
località prossime al Piave -dal qualeè derivata l’acqua nei casi di carenza sul Livenza- ma nulla relativamente
agli effetti del consumo idrico aggiuntivo sulle fonti di prelievo, compreso l’effetto sinergico cumulativo dei
prelievi per le migliaia di nuovi utenti e attività già consentite dai PAT dei comuni limitrofi e dipendenti dalle
medesime fonti di approvvigionamento. Sempre nel R.A. pure la valutazione delle interferenze con la
limitrofa ” ZSC IT3250013 Laguna del Mort”, area con importanti habitat psammofili (sabbia) e avifauna,
limitata al preliminare screening VINCA, dove da verificare era l’interferenza dell’attraversamento di persone
(centinaia, migliaia? andata e ritorno) in transito tra il villaggio e la spiaggia, e la “soluzione” l’obbligo di
redazione di un regolamento per il controllo degli accessi, di postuma redazione, priva quindi
dell’indispensabile verifica degli effetti ai fini della conservazione di habitat e specie già penalizzate dalla
pressione antropica e dalla dinamica del litorale in profonda erosione. Ugualmente mancante e rinviata la
verifica della sostenibilità del flusso veicolare generato e cumulato a quello previsto dagli altri Comuni, che
sarà aggiuntivo per la viabilità congestionata già dai caselli autostradali nei mesi estivi. Le motivazioni del
favorevole del Rapporto Ambientale (pag. 340): “mentre permangono le situazioni di minaccia legate al
fenomeno di erosione delle coste, avanzamento del cuneo salino non risolvibili se non con interventi
strutturali “Il PUA vigente interviene con una soluzione che contribuisce alla creazione di offerta turistica”. Il
parere era favorevole mentre con le prescrizioni erano rinviate nuovamente gli approfondimenti e verifiche
necessarie per procedere alla valutazione invece conclusa, in modo incompleto e per aspetti non marginali.
Il Comune di Eraclea ha poi approvato il Piano in variante urbanistica (D.G.C. n. 48/ 13.05.2021) legittimato
dall’acquisito parere della Regione. Il progetto delle opere da realizzareè stato oggetto della successiva
valutazione VIA, sempre da parte della Regione; l’applicazione delle prescrizioni doveva essere verificata.

Il progetto esecutivo delle opere per la realizzazione del villaggio turistico di cui sopra, oggetto della VIA
regionale, variava in parte quanto previsto dal PUA: circa 2.900 piazzole per camper, roulotte e case mobili,
nonè inequivocabile se per 12 o 14 mila persone/giorno, impianti sportivi polivalenti, piscine e attività
commerciali. Era nuovo in parte il Committente (Elite Vacanze Gestioni s.r.l. e NAMIRA S.G.R.P.A.); lo Studio
di Impatto Ambientale (SIA prodotto dalla committenza) presentato alla Regione rispondeva in modo solo
parziale alle condizioni pose dalle 17 prescrizioni del parere VAS. Per l’approvvigionamento idrico, stimato in
circa 2.000 mc/giorno (2 milioni di litri/g.) a luglio e agosto, nulla riguardava il rapporto consumo-
disponibilità idrica delle fonti di prelievo (Livenza e Sile) e men che meno il consumo idrico che doveva
essere cumulativo del fabbisogno derivato dai piani comunali già approvati nei comuni limitrofi.
L’argomento cuneo salino era nuovamente rinviato, ai monitoraggi post opera, peraltro nei limiti del
ristretto ambito dell’area del progetto dove già la sua presenzaè indicata nella parte sud-est dell’area,
mentre ben più estesi potranno essere gli esiti, cumulativi, dei prelievi idrici da Livenza e Sile (la relazione
geologica rilevava il litorale in erosione e la presenza di paleoalvei, ovvero le vie preferenziali per
l’infiltrazione salina). Dall’autorità di Bacino Alpi Orientali sono state richieste integrazioni sulla qualità delle
acque di scarico del nuovo depuratore (D. lgs. 152/2006 e Direttiva 2000/60/CE), oltre alle opere di
mitigazione e protezione dal rischio alluvioni (D.lgs. 49/2010 e Direttiva 2007/60/CE) -l’areaè depressa
rispetto al medio mare e adiacente all’argine del Piave, sul lato esterno della curva prossima alla foce- ma
nulla relativamente al rapporto consumo idrico, intrusione salina e subsidenza, come da lettera alla Direzione Valutazioni Ambientali regionale del 2.11.2023. Una nuova VINCA, compresa nel SIA, confermava
di fatto l’irrilevanza del transito degli ospiti del villaggio per habitat e avifauna della Laguna del Mort, ancora
una volta grazie alla rinviata definizione di un regolamento di gestione, in carenza delle dovute e
circostanziate valutazioni prescritte dai regolamenti vigenti. Analogamente prive di del necessario riscontro
nel SIA restavano gli effetti sulla congestione della rete viaria e altro ancora. La conclusione del
procedimento VIA restava rinviato al 18.12.2024.
il parere VIA della Regione, per il progetto di RFI S.p.A. di collegamento ferroviario dell’aeroporto “Marco
Polo” di Venezia,è stato rilasciato con decreto del Direttore della Direzione Ambiente n. 945, del 23
novembre 2020. L’approvazione del progettoè del Comitato Interministeriale per la Programmazione
Economica e lo Sviluppo Sostenibile, data 3.11.2021. Le opere sono iniziate. Dei complessivi circa 8 Km.,
oltre 4. saranno realizzati in galleria impostata a circa 20 metri dal piano campagna e connessa a sottostante
doppio diaframma verticale (in prosecuzione dei paramenti laterali) fino a oltre 36 m. di profondità,
risultando interferiti vari corpi idrici presenti, anche in pressione. La galleria sarà tangente all’area
aeroportuale con un ampio arco che ospiterà la stazione passante dell’aeroporto.
Nella “Relazione geologica geomorfologica, idrogeologica e sismica” del progetto
si legge (pag. 58), relativamente ai diaframmi laterali: “indicativamente previsti pari a circa 20/25 m da p.c.”,
per un’indicazione palesemente errata rispetto al progetto, definitivo, che non depone per l’attendibilità
della Relazione che si rifà a una modellazione riferita a manufatti di tali misure e non a quelli invece da
realizzare. Si legge poi (pag. 81): “”la zona di studioè interessata “nella parte finale da una vulnerabilità
alta con punteggi pari a 63 e a 50”; pure: “La salinizzazione delle falde nelle aree per i lagunari
dell’entroterra è principalmente dovuta all’intrusione di acqua dal mare e dalla laguna, talora seguendo vie
preferenziali di deflusso sotterraneo, spesso favorita dall’altimetria del terreno nelle aree di bonifica cheè
anche di 2-3 m inferiore al livello medio del mare, ma avviene anche per dispersione dai fiumi e dai canali in
condizioni di magra e/o marea o quando l’acqua marina risale e s’insinua sotto quella fluviale. “depositi fini
costituiti da argilla limosa debolmente sabbiosa con locali lenti di torba fino a 9 m “lenti limoso-argillose e
locali lenti di torba fino a circa 30/35 m (10E-5 m/s<k<10E-6 m/s) sede di una falda localmente in pressione
“argilla limosa debolmente sabbiosa con locali lenti di torba fino a circa 50 m (massima profondità
raggiunta dai sondaggi) “le linee isopieze indisturbate vengono innalzate dalla presenza dei diaframmi
strutturali delle gallerie e delle trincee in progetto.”. In precedenza (pag. 26) si legge: “Nel caso della laguna
di Venezia l’intrusione marina nei terreni superficiali coinvolge tutta l’area di gronda lagunare espandendosi
verso l’entroterra da qualche centinaio di metri a qualche chilometro “comporta notevoli rischi ambientali
in prossimità dei margini lagunari “potrebbe anche incrementare la subsidenza già in atto, che potrebbe
accentuarsi sia in concomitanza di probabili cali piezometrici, sia per la sostituzione delle acque salmastre a
quelle dolci negli interstizi dei sedimenti fini con conseguente destrutturazione e collasso degli stessi.”
Inequivocabile il pericolo derivato comprendente la presenza di paleoalvei (pag. 80) indicate “vie
preferenziali di deflusso sotterraneo” (e pure di flusso inverso, di risalita salina), oltre che la falda in
pressione compresa tra 9 e 35 metri dal piano campagna (inesplorati gli effetti della depressurizzazione in
fase di cantiere, poi in presenza della galleria?) e di lenti di torba a varie profondità (la presenza salina ne
favorisce “destrutturazione e collasso” per cedimenti differenziali del suolo). Per i possibili effetti paventati
non sono state svolte le dovute circostanziate verifiche e valutazioni, nemmeno la ricerca di alternative
progettuali meno penalizzanti. Restano incombenti gli effetti delle criticità prospettate e pure di quelle non
prospettate per l’errata indicazione delle misure dei manufatti, con possibilità di pesanti penalizzazioni
economiche non solo per l’agricoltura (salinizzazione suolo), per la sicurezza idraulica dei suoli già prossimi
al livello medio-mare (subsidenza), per la stabilità dei manufatti del vicino centro abitato di Tessera e
l’urbanizzazione diffusa con attività produttive e ricettive, oltre alle strutture aeroportuali. Il progettoè
stato considerato investimento pubblico, urgente, per le Olimpiadi di Cortina, dove il treno non potrà
arrivare non solo per la conclusione dei lavori postuma ma perchÈ non ci sono e nemmeno previsti i binari
per arrivare a Cortina. Per le opere di
cantierizzazione la Relazione indica (pag. 23): “stimata una produzione di acqua di drenaggio di 10.000
m3/giorno” (10 milioni di litri/giorno) e il suo recapito in laguna previo trattamento in impianto di
depurazione da realizzare;è perÚ assente la valutazione VINCA per lo scarico conseguente nella Laguna
Nord ZSC IT3250031 e ZPS IT3250046, che avrebbe dovuto essere compresa nella VIA anche per la
destrutturazione del sistema idrogeologico, interdipendente con la laguna, generata dalle opere previste nel
sottosuolo. Nel progetto del “DEPURATORE ACQUE DI EMUNGIMENTO PROVENIENTI DALLO SCAVO DELLA
GALLERIA”, compreso tra le opere di cantierizzazione si legge: “la subsidenza è legata all’evoluzione naturale
dell’area lagunare”. Resta implicitamente esclusa, in carenza di verifica, la possibilità di ricadute negative
aggiuntive generate dal progetto nella fascia perilagunare, dove l’infiltrazione salina è determinate per
l’evoluzione della subsidenza di un’area interessata da altri pesanti progetti di infrastrutturazione e
urbanizzazione, sempre privi di alcuna verifica delle ricadute sul sistema idrogeologico e laguna (impianti
sportivi/Bosco dello Sport, nuova viabilità, ampliamento aeroporto Marco Polo).

28.02.2025 Roberto Scarpa

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